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Michele Ketoff, discende da una familia russsa di pittori, piloti e purtroppo, come diceva sua madre, non di idraulici, da questi eredita l’irrequietezza creativa di padre suo padre Ivan, figlio di Zina, artista russa allieva di Mikhail Fyodorovich Larionov e Natalia Sergeyevna Goncharova – vorrebbe vivere in cielo e vedere tutto dall’alto e in cielo decide di dedicare quegli anni all’aereopittura.. 

Porta Michele, ancora bambino, in giro per i musei italiani e francesi, per fargli vedere dal vivo le opere dei più grandi e conoscerli soffermandosi con attenzione e devozione Michele ne rimane folgorato, illuminato, senza darlo a vedere, quest’esperienza accende la sua curiosità, affina il suo gusto e accentua la sua sensibilità. Quando esprime le sue impressioni, il padre Ivan si meraviglia dell’acutezza del suo sguardo.

Nasce così la sua passione di esprimersi attraverso disegni su pezzi di carta, su quaderni o su qualsiasi materiale a portata di mano, sul legno, sulle pareti, o sugli oggetti incontrati. È un bambino introverso che si rifugia ancor più nel suo mondo, ricco e profondo, ma agli altri risulta disadattato.

Ritratto dipinto dal padre Ivan Ketoff

Finito il liceo desidera solo lavorare e diventa assistente di Giancarlo Iliprandi, di li a poco quindi giovanissimo lo chiamano a Vougue dove si diverte e si impegna contribuisce in parte anche alla creazione di Vougue Uomo. Sono i primi anni 70 e Michele divide il tempo tra il lavoro, i salotti dell’alta borghesia milanese e le sue fughe su un aliante, anche lui come il padre affascinati dal silenzio e dal distacco. Ma la sua insofferenza lo porta o lo spinge ad andare a New York per seguire i suoi idoli del jazz come Miles Davis e Thelonius Monk. Si muove coast to coast per gli Stati Uniti, a San Francisco viene ingaggiato sorprendentemente come musicista dal proprietario di un locale che lo vede improvvisare al piano, strumento che non aveva mai suonato prima forse con in corpo una buna dose di erba. Viaggia per alcuni anni, ma il suo periodo di spostamenti si conclude in Oriente, nel Vietnam dopo la caduta di Saigon.

Il modo di vivere semplice e sereno della gente lo affascina in maniera profonda. Si avvicina alle filosofie orientali che accendono in lui un interesse destinato ad influenzare il resto della sua produzione artistica e ancor più ila sua vita. Non frequentando centri di maestri neppure andando a scuola di meditazione non comunicando a nessuno un cambio di rotta mostra il lato oscuro o singolare di MK. 

Non voleva parlare né di filosofie orientali né di spiritualità. Solo semplicemente mettere in atto alcuni aspetti di fondo come quello di non attaccarsi alle cose o a punti fissi …con una vita frugale, la cura di se ridotta ai minimi termini… forse si può scoprire qualcosa dei suoi pensieri vedendo i titoli fatti di brevi frasi simili a Koan. 

L’ironia che si nota ancor più nei titoli appunto, alcuni solari, altri tragicomici, ma sempre a sorpresa come “La mamma del diavolo” o “la mamma del diavolo è sempre in cinta” è una costante sempre spiazzante.

Nel caso del diavolo, un humor ammiccante fa pensare che MK stia dalla parte dei Dybbuk.

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Foto di Oliviero Toscani

Quando rientra in Italia apre uno studio e cura l’immagine di clienti come Agnona, Missoni, la Rinascente, 3M, gli armatori Merzario. In quegli anni Inizia a produrre quelli che lui stesso definisce “diari immaginari”: album, agende, quaderni di appunti e disegni realizzati con tecniche diverse e dall’acquarello, alla china, al collage, agli smalti da unghie. Lavorando di notte e dormendo di giorno, le sue radici russe non l’hanno tradito in questo e anche in altri aspetti… Questo lavoro comincia a prendere sempre più spazio, in quello spazio intimo notturno, dedica ore e lente ore a disegnare i suoi diari-libri, tutto ciò fatto con costanza folle. Passione che lo porta a lasciare la sua carriera nel mondo della comunicazione per dedicarsi completamente a questo ormai troppo impellente bisogno. Un’auto analisi una terapia feconda.

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Negli anni ’90 intensifica il lavoro sui diari, da cui non può e non vuole strappare nemmeno un foglio. La sua creatività è feconda e senza leggi, ogni tratto di ogni disegni ha il suo motivo d’esistere, una ragione a volte chiara, a volte dalle molteplici interpretazioni. Un’esuberanza di temi senza ordine e controllo, fluisce con l’impeto di un fiume, Michele riempie pagine dopo pagine, senza fermarsi. Molti i personaggi presenti, tra l’umano e l’ultraumano, figure emblematiche, angeli e demoni, tanti autoritratti e tanti non autoritratti, tanti paesaggi del subconscio, Ketoff dice: “sono creature che si autogenerano”.

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Nei primi anni 2000 si acquieta, i colori diventano primari opachi, senza sfumature, sembra che tutto diventi chiaro nella sua mente. Non ci sono più diavoli, né notti oscure. Infine Inizia una nuova ed ultima fase per Michele, una fase contemplativa che lo conduce ad abbandonare progressivamente anche la produzione dei disegni. Un cammino interno che lo spinge ad una ricerca del contatto con la natura, un boscaiolo, una guardia forestale, un traduttore di segni. Vive nel silenzio con la sua amata compagna in una casa isolata in un bosco sul mare, mangiando un giorno si e uno no, leggendo centinaia di libri, accendendo il fuoco con la legna che lui stesso cerca, taglia, raccoglie. Ore ed ore davanti al respiro del mare.

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Nell’ultimo periodo infatti, abbandona i suoi studi caotici con il tè ancora nella tazza, sia in Spagna che in Svizzera; ma senza commento e senza togliere nulla né la tazza del tè (ancora non bevuto), né un disegno, né un libro (non finito), come se dovesse abitarli il giorno successivo, esce, chiude la porta a chiave e così smette di dipingere e disegnare.

Tutta questa produzione si scopre solo, paradossalmente, quando smette di disegnare e dipingere. Solo dopo tante domande fatte da amici e varie persone, si riesce ad avere una risposta di due parole: “Non ne ho più bisogno”, prima aveva solo alzato un sopracciglio inclinando la testa senza dire nulla.

MK non menziona più quegli anni di grande fermento e grande lavoro. È tempo passato.

Negli ultimissimi anni mostra un viso appagato, sempre l’aria è beffarda e irriverente ma è più gatto che diavolo ormai. S’è dissolto il malessere, s’è dissolto lo spleen. La comunione con l’intorno si fa sempre più viva e lo appaga, tanto da riuscire a essere: NELL’ESSERE.

Poche sono le mostre in galleria.

Soprattutto sono esposizioni, senza nulla in vendita, nei luoghi affascinanti del Fai, come installazioni nella Chiesa del Convento di Torba, o esposizioni dei libri nella Torre dei Venti del castello di Masino.

Dona molti quadri ad Enti di beneficenza come, ad esempio, Sotheby's.

Usa diverse tecniche dagli acrilici ai colori ad olio, matite, smalti da unghie.

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